Roberta Repetto è morta a 40 anni per un melanoma causato da un neo tolto senza esame istologico ne anestesia dal Dott. Paolo Oneda, Dirigente medico dell’Ospedale di Manerbio, alla presenza di Paolo Bendinelli, guru del Centro Anidra, una comunità olistica adibita anche ad agriturismo in Liguria: entrambi sono stati condannati per omicidio colposo con sentenza di primo grado del 23 settembre scorso.

Rita Repetto è la sorella di Roberta Repetto, morta qualche anno fa dopo essere entrata in contatto con un centro olistico nel quale è stata vittima di un vero e proprio plagio. E’ stata convinta a non curarsi ed è morta tra atroci sofferenze. Ci ha parlato della sua storia e delle iniziative che in memoria della sorella sta portando avanti.

Roberta era bella, giovane e nel fiore degli anni. Cosa è successo a sua sorella all’interno del centro Anidra e perché è importante portare alla luce la sua storia?

Mia sorella era una ragazza intelligente, brillante, ricca di talenti, illustrava storie per bambini con i suoi acquerelli, lavorava la ceramica, aveva una sua agenzia immobiliare e insegnava yoga. Apparentemente molto forte e coraggiosa ma anche fragile. E la sua sfortuna è stata avere incontrato chi si è approfittato di questa fragilità, ossia Paolo Bendinelli  guru del Centro anidra. Come sostengono le indagini del Pm e le perizie dell’accusa, mia sorella in quel centro è stata plagiata con subdole tecniche di manipolazione mentale, sottoposta sia a turni massacranti di lavoro gratuiti che a pratiche sessuali imposte come esercizi di purificazione.  Dalle indagini della Procura di Genova è emerso inoltre che nell’ottobre 2018 a mia sorella viene asportato un neo, sul tavolo della cucina del centro anidra, dal Dirigente medico Paolo Oneda, senza anestesia e senza successivo esame istologico, alla presenza della psicologa Paola Dora, compagna di Oneda e Vicepresidente del Centro, e di Paolo Bendinelli, guru del Centro, in ossequio a studi sul respiro che le avrebbero permesso la sopportazione del dolore. Allucinante è stata l’operazione ma allucinanti sono stati anche i due anni successivi perché mia sorella, già nel 2019 inizia ad avvertire i primi dolori alla schiena, nota dei linfonodi all’inguine e avverte sia Oneda, Bendinelli e la psicologa, si confronta da subito con loro. E tutti omettono di indirizzarla ad esami specialistici, anzi, la rassicurano e la invitano a praticare meditazione e bere tisane zuccherate.

In famiglia, aveva parlato di questo malessere e della sua nuova vita presso il centro Anidra?

A noi familiari non ha mai parlato dei suoi dolori. Sapeva che saremmo prontamente intervenuti e questo non lo voleva. Noi abbiamo continuato a vederla, lavorava nello stesso ufficio di nostro padre, pranzava una volta a settimana con nostra madre, io e lei avevamo un nostro centro yoga ma con me era molto sfuggente, cercava di non incontrarmi. Sapeva che non le avrei dato tregua se avessi capito che non era felice, o che stava male. A settembre 2020 accenna del suo mal di schiena e ci comunica che si sarebbe trasferita al centro per riposarsi, rassicurandoci perché era un posto che noi conoscevamo. Ed era vero, siamo stati molte volte al centro proprio per vedere dove Roberta passasse la maggior parte del suo tempo. Era un ambiente particolare e mai avrei immaginato ciò che è emerso dalla lettura delle chat, mail e diari di mia sorella post mortem: è’ questo il materiale terribile che ci permette di presentare un esposto alla Procura della Repubblica. Riusciamo infine a portarla all’ospedale di Lavagna il primo ottobre in condizioni tragiche e successivamente, trasferita al San Martino di Genova, muore il nove ottobre 2020. Da quel giorno io lotto incessantemente con la speranza che mia sorella abbia la giustizia che merita e col desiderio che quello che le è accaduto a lei non succeda più a nessuno, perché ho capito, grazie alleAss.ni che aiutano i familiari delle vittime delle sette, che in queste realtà distruttive possono finirci tutti, non conta il grado di istruzione, non conta la situazione familiare, perché ognuno di noi può attraversare un momento di fragilità, una malattia, un lutto, una separazione, la perdita del lavoro. Mia sorella è entrata in contatto con quella realtà in un momento di fatica di coppia e semplicemente si è fidata di chi le prometteva di aiutarla a risolvere i suoi problemi. Io, all’epoca non avevo gli strumenti necessari per decodificare certi comportamenti di Roberta, ora che purtroppo li ho acquisiti non posso non condividerli con tutti, con la speranza appunto che quanto lei ha subito non risucceda mai più.

Per la morte tra sofferenze atroci sono stati condannati i vertici del centro Anidra. Ci sono novità ad oggi?

E’  di questi giorni il ricorso in appello da parte della Procura della Repubblica e io spero che la Corte d’Assise d’Appello dia una lettura processuale dell’evento che si avvicini alla verità storica dei fatti e che condanni gli imputati alla pena che meritano per i reati a loro contestati (ossia omicidio volontario per Bendinelli, Oneda e la psicologa Paola Dora, compagna di Oneda, per l’accusa presente all’intervento ed inoltre violenza sessuale, maltrattamenti, circonvenzione di incapace per il Bendinelli, reati non considerati in sentenza di primo grado). Rimane immutata la mia fiducia nella giustizia e nelle Istituzioni.

Lei ha fondato l’associazione “La Pulce nell’orecchio” in ricordo di sua sorella. Di cosa vi occupate nel concreto? E quali sono le iniziative che state portando avanti?

Ho dapprima aperto una pagina IG @la_pulcenellorecchio, un luogo digitale di incontro dove con l’aiuto di esperti cerco di aiutare chiunque a riconoscere i comportamenti tipici di chi sta entrando in una dinamica settaria, e le segnalazioni sull’esistenza di gruppi controversi in Italia sono quotidiani. “La pulce nell’orecchio” è diventata il 22 febbraio scorso un’Associazione vera e propria, alla firma di 8 soci fondatori e su impulso di migliaia di pulci: scopo primario è contrastare la violenza in ogni sua forma, con particolare riferimento a quella psicologica. Grazie al continuo confronto con la community, prima ancora della fondazione della community, sono stati inaugurati due progetti ai quali tengo molto: “La pulce nel disegno”, l’idea è quella di collegare il nome di Roberta non solo ad un articolo di cronaca nera ma anche alla bellezza della sua arte. Il mio desiderio è stato quello di vedere questi disegni riprodotti su copertine o all’interno di libri, per rispondere alla bruttura di chi compie omicidi con la bellezza di un disegno di mia sorella. Ho scritto a tantissime case editrici e ho ricevuto più di venti adesioni, e per me è un’emozione grandissima poter stringere tra le mani questi testi.