I fondi scarseggiano e i centri antiviolenza chiudono oppure sopravvivono con mille problemi grazie all’impegno delle volontarie che il più delle volte sono operatrici del centro stesso. E’ sottovalutato sia il problema della violenza sia l’attività del centro antiviolenza.
Il problema della violenza di genere è soprattutto culturale. Bisogna lavorare di più sulla formazione e sulla qualità dell’informazione. La Dottoressa Francesca Rivieri è esperta in comunicazione. Fortemente impegnata nella lotta contro la violenza di genere è anche responsabile della comunicazione nel Centro Antiviolenza D.U.N.A -Donne Unite
Nell’Antiviolenza- che si trova a Massa Carrara (Ms).
Il centro fa parte della rete locale dei centri Tosca- Coordinamento Toscano Centri Antiviolenza- e a livello nazionale di Di.Re- Donne in Rete contro la Violenza -.
Duna è un punto di riferimento per le donne che subiscono maltrattamenti ed ha uno sportello telefonico attivo ventiquattro ore su ventiquattro con innumerevoli servizi di accoglienza e supporto alla donna.
Proprio in virtù del suo impegno anche e soprattutto come operatrice del centro, abbiamo provato a sentire la dottoressa per qualche domanda sulla sua attività.
Il Centro Antiviolenza Duna:
Quando é nato il Centro e chi ha collaborato all’apertura?
“Il centro è aperto da gennaio 2014 ma eravamo già attive con l’associazione Arpa (Associazione Raggiungimento Parità) nel 2001. Ci siamo sempre occupate della formazione e sensibilizzazione della cittadinanza e dei ragazzi sulla tematica di genere. Poi abbiamo deciso di aprire uno sportello telefonico attivo ventiquattro ore al giorno e tutt’oggi efficiente. Prima di cominciare l’attività del centro abbiamo fatto un corso di formazione con finanziamenti regionali e con il patrocinio del Comune di Massa. E da lì è nato il primo nucleo di operatrici formate sulla violenza di genere.”
Quali sono i servizi che offre il centro Duna?
“Abbiamo il telefono ventiquattro ore su ventiquattro; Un servizio di ascolto; Sportello antistalking; Consulenze legali e gruppi di auto muto aiuto condotte da psicologhe. Inoltre lavoriamo anche con il corpo delle donne con una operatrice esperta del metodo Feldenkrais. Ci occupiamo di progetti di formazione nelle scuole con l’obiettivo di sensibilizzare nella questione della comunicazione lavorando con i ragazzi su articoli e volantini di genere per cercare di superare questa visione stereotipata della società.”
Violenza sulle donne: come riconoscerla
Quali sono le difficoltà che incontrate nello svolgere il vostro lavoro?
“Il fattore economico è centrale. Se le donne hanno una indipendenza economica sono più propense a intraprendere un discorso anche se doloroso e faticoso. Perché se la donna dipende totalmente dal marito violento, si pone più di un problema. Il tema della violenza di genere è delicato da trattare. La cosa più difficile è creare una rete solida sul territorio che comprenda: Forze dell’ordine, Tribunale, Ospedale, Assistenti Sociali e Centri Violenza. Spesso nei tribunali ci viene difficile far accettare il tema della violenza perché tante volte si confonde con la conflittualità all’interno di una coppia. Sono due cose diverse.”
C’è un sentimento di spavento nelle donne che chiedono aiuto?
“Più che spaventate sono svuotate. Spesso non provano una emozione subito. Si pongono in un modo anche distaccato ma per paura. Sta a noi far capire dove risiede la violenza nel tirare i capelli, mortificarle o spingerle. Venendo da noi trovano il modo per uscire da questa situazione. E arrivano a capire che non solo loro il problema, ma il marito violento. E riscoprono emozioni sopite. Facciamo capire che in un modo o in altro lui troverà sempre qualcosa che non va. La pasta scotta o il pantalone non stirato bene. Ci sarà sempre un motivo per cui lui avrà da ridire. Il nostro obiettivo è non farle più sentire in colpa.”
Quali sono i segnali che una donna non deve mai sottovalutare?
“La più subdola è sempre la violenza psicologica. Quando parliamo con i ragazzi, cerchiamo di fargli capire che anche la frase: ‘A me non va che esci con le amiche’ dovrebbe far riflettere. Oppure l’isolamento: ‘La tua famiglia è pesante con me, non ci sto bene e non ci andiamo più’; Oppure: ‘dove vai e con chi’. Insomma questi segnali sono importanti. La gelosia è un altro segnale così come i pedinamenti. Spesso gli uomini violenti sono molto presenti: regali, attenzioni, complimenti. Come anche il controllo dei propri profili social, email, telefono. Cose private. Se vuoi accedere me lo chiedi. “
Difficoltà economiche dei Centri Antiviolenza:
Passiamo adesso alla questione delicata dei fondi. Come recuperarli?
“La questione dei fondi per i centri antiviolenza viene da lontano. Non c’è un piano antiviolenza nazionale che comprenda i finanziamenti a questi centri. C’è magari l’anno che va bene, vinci un bando ministeriale di 200 mila euro e poi c’è l’anno che non arriva nulla. Non c’è sistematicità. È già qualche anno che non c’è nessun bando.”
Come si reperiscono i fondi?
“Dalle Regioni che li stanziano. Una decina di giorni fa sono stati contattati dalla Regione Toscana i centri antiviolenza della zona perché sono stati trovati dei fondi, quanti non si è capito, ma oscillano dai 200 ai 400 mila euro. Una parte sarà dedicata alla campagna di comunicazione, un’altra per la formazione degli insegnanti e un’altra per i centri.”
Come si potrebbe migliorare il meccanismo della distribuzione dei fondi?
“Ci dovrebbe essere una tematica che divida i fondi innanzitutto in base ai centri che ne hanno di bisogno. Non ci si può improvvisare centro antiviolenza. Bisognerebbe elargire questi fondi a chi ne necessità secondo un computo delle spese che ogni anno un centro antiviolenza deve sostenere. Per quanto tempo potrà andare avanti così? “