“Chiameremo violenza ogni costrizione di natura fisica, o psichica, che porti con sé il terrore, la fuga, la disgrazia, la sofferenza o la morte di un essere animato o ancora qualunque atto intrusivo che ha come effetto volontario o involontario l’espropriazione dell’altra, il danno, o la distruzione di oggetti inanimati” – Francois  Heritier, Antropologa e scrittrice femminista.

La violenza si rivela in molteplici forme e attraverso differenti tipologie comportamentali: fisica, psicologica, sessuale. Tra queste ritroviamo una violenza silenziosa, subdola e a volte nascosta: la violenza economica. La violenza contro le donne capitalizza il rapporto di potere ancora oggi appannaggio del sesso maschile rispetto a quello femminile.

Ormai è ben chiamo come questo fenomeno abbia assunto una dimensione trasversale, dilatato senza discriminante e non solo nei paesi sviluppati, investendo dimensione sociale, sanitaria, civile, produttiva ed economica.

La violenza economica nella coppia

Una delle forme di violenza maschile meno nota è la violenza economica che si rappresenta nell’insieme delle azioni che il partner esercita nei confronti della donna e che si realizza nella gestione del denaro e dei beni familiari sotto la sua esclusiva supervisione.

Nonostante flebili passi avanti la barriera della pari opportunità non si è del tutto abbattuta. Sono infatti poche le donne intestatarie di un conto in banca o un bancomat dal quale prelevare in autonomia, senza passare dall’uomo.

Questa tipologia di comportamento violento assume particolare importanza all’interno dei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, momenti delicati e fragili, nei quali la donna non è economicamente dipendente e difficilmente potrà svincolarsi e allontanarsi da un partner violento.

Comportamento che potrebbe riproporsi anche nell’ambito di una seguente separazione, ecco perché è importante favorire percorsi di emancipazione finanziaria femminile.

Ci troviamo di fronte ad una completa privazione dell’autonomia economica. Per fare qualche esempio, possiamo cominciare dall’isolamento economico,  l’uomo sostiene di poter pensare in autonomia alla famiglia vietando alla donna di intraprendere un’attività lavorativa, passando al controllo dei risparmi e la non condivisione delle informazioni circa la gestione economica familiare, fino alla richiesta di scontrini fiscali inerenti le varie spese effettuate dalla donna al fine di giustificare queste uscite economiche. Un vero e proprio abuso economico.

Come difendersi dalla violenza economica?

Secondo l’Art.3 della Convenzione di Istanbul, l’espressione violenza domestica “designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima“.

La violenza economica, pertanto, rientra anche e soprattutto in queste situazioni. Ecco perché è importante per le donne avere una propria indipendenza economica al fine di controllare la propria vita.

Come difendersi?

Attraverso percorsi di Empowerment femminile, che possano educare ad una consapevolezza e formazione sul tema, investendo nel bilancio di competenze e nell’imprenditoria femminile con la progettazione e tirocinio di inclusione. Fare rete con il sostegno delle associazioni che si occupano di questo argomento.

E’ però fondamentale riconoscere la violenza economica come un abuso, non sottovalutare nessun segnale che possa ricondurre a questi atteggiamenti di controllo e supervisione della gestione economica familiare.